New YorkGUIDA INCOMPLETA DI NEW YORK
Prologo NY esiste davvero. Ho sempre cercato un motivo speciale per andare a New York. Dai miei vent'anni la mia idea di America non è mai stata positiva, rappresentava parte del male, il fulcro delle ingiustizie, fino a quando mi è capitato tra le mani Walt Whitman che ha innescato in me riflessioni che non fossero totalitarie, ma aperte a nuove visioni, e soprattutto ad alternative. Un libro che ha, nel momento della giovinezza più forte, incendiato la passione per la vita e la libertà, passando da un filo d’erba al bisogno di una città riflessa. I canti di Whitman non sono certo oggi tra le strade di New York, l’America si dovrebbe percorrere per intero. Bisogna cercarli scovando nella quotidianità di una città che cambia ogni giorno, spietata spesso col passato, proiettata sempre e solo al continuo mutamento. Il pensiero di poter catturare tutto le storie è un pensiero presuntuoso che subito viene infranto dall’eccessiva umanità. Si tessono trame infinite che si uniscono formando un unico mondo, New York s’insinua in mezzo mentre tu ti senti il tutto intorno. L’immaginario si manifesta, New York esiste e ha moltiplici facce. Ho scattato ogni singola foto con la consapevolezza di catturare solo una briciola dell'istante della narrazione. Un sipario che non si chiude mai. Attori si destreggiano tra una scena e l’altra e a guardarla questa città prima si ha paura e poi non si sa fare a meno che lanciarsi nella folla. Ognuno può costruire la sua New York, basta guardarla per un pò, la primissima immagine è una scheggia, ne seguono delle altre e solo dopo molto i fotogrammi che si susseguono si riescono a mettere in ordine. Il primo slancio inevitabilmente è verso l’alto, uno sguardo gotico va verso il cielo, ma io confesso che tenevo lo sguardo dritto per addentrarmi in ogni street e trovarmi, aldilà del vetro e dell’acciaio, alla ricerca della vecchia New York. Facendomi spazio tra la folla cammino e sento un odore strano, direi insopportabile, un misto credo di carne arrostita nei carrettoni sui marciapiedi, zucchero a velo e noccioline caramellate, cemento, acciaio, ferro, ruggine, forse muffa. Si mescola tutto e si appiccica sulla pelle per tutto il giorno, si insinua nel naso che soffio, soffio ma inutilmente, quell’odore puzzolente continuerà per tutta la mia permanenza. Eccolo, riesco anche a vederlo, esce dai tombini come fantasmi bianchi. E’ l’odore di New York. La presunzione di poter raccontare tutte le storie che mi passavano dinanzi agli occhi, è conseguenza di questa città. Racchiudere persone, personaggi e luoghi. La confusione è tanta, afferro un attimo e ne perdo un’altro, rincorro un segno e mi sfugge uno sguardo. Tutta l’umanità è capace di creare, distruggere e ricreare in questo preciso punto del pianeta. Che strani noi umani. Ci sono tulipani ovunque, piccoli spazi verdi costruiti alla perfezione. Non ce rischio di perdere tempo, qui il tempo è denaro più che in ogni altra parte del mondo. Basta esprimere un desiderio e lo trovi realizzato dietro l’angolo, con a terra un uomo che si trascina affamato, e subito dopo un’altro che entra da Tiffany per regalare un gioiello. Rabbia e commozione. Il consumismo, lo spreco, il tutto “deve continuare sempre”,la fretta, la puzza, l’inquinamento, il business, l’eccesso. La poesia: i vecchi moli del porto di Red Hook, Dumbo e il ponte di Brooklyn. Lower East Side e l’immaginario della vecchia Manhattan, Greenwich Village ed East Village, Harlem, il Bronx… passeggiare a Coney Island sotto la pioggia in girotondo tra le giostre ferme. |