Teatro dei sensi 2021/im·ma·gi·nà·re/ /gio·cà·re/ /er·rà·re/ /viag·già·re/ /me·mò·ria/ /in·con·trà·re/ /rac·con·tà·re/ /a·mà·re/ /fe·rì·re/ /ri·cor·dà·re/ /di·men·ti·cà·re/ Accade ancora, Succede, che lo spettatore percorre il proprio viaggio nella sua storia, attraversando le stanze del proprio vissuto in una completa inconsapevolezza al primo varco della porta. Gli echi della memoria nascono attraverso i sensi e, chi sorpreso, chi imbarazzato e chi arreso, questa volta dinanzi si trova violenze invisibili che, in un modo o nell’altro ognuno può aver vissuto in una storia d’amore. Succede tratta un tema pungente, complesso, tocca tasti delicati, sul tradimento verso se stessi che spesso accade in nome dell’amore. Anche questa volta, corpo e spazio parlano, raccontano con simboli, parole scarne, fulminee, spazi immaginari e necessari silenzi. Il primo sguardo cade su un vaso di vetro illuminato appena. In quel piccolo mondo sommerso, in un cerchio due pesciolini rossi. Si può restare fermi a osservarli, chiedersi quale sia la loro indole, se hanno potuto emettere dei suoni, oppure in quella luce rasente di una fotografia imprecisa, restare in silenzio. Attenderà di sfamarsi con il pericolo di esser preso all’amo, si accontenterà di un acquario? Eppure, tutti vogliamo il mare… e un vaso andrebbe utilizzato per metterci fiori. Quello spazio è piccolo, il vetro arrotondato provoca confusione al pesciolino rosso, riesce a vedere quel che fuori accade ma è prigioniero. La stanza dei luccichii, caldi, ombre che danzano tra forme e disegni, scie di luci distorte come da una lente di ingrandimento. Barattoli di ogni dimensione contengono il tempo e l’esistenza. Sono vite rinchiuse o racchiuse? Sono vite sospese o solidificate? Sono sguardi sommersi o semplicemente voci impercettibili che chiedono ascolto? Ognuno ci trova i suoi tradimenti, i giorni sciupati e quelli vissuti. Ogni barattolo di vetro sembra dire alle anime che da li passano, di non guadare alle stelle se prima non si è capaci di dedicare ascolto ai fondali sommersi. Ci sono candele che riflettono l’acqua, volti che diventano alterati, lancette di un orologio, pezzi di corpo, immagini tagliate in tanti piccoli segmenti, donne che danzano, profili, fiori, il giorno del tuo compleanno, l’anniversario del primo amore, una volpe, addomesticata o libera? Una sedia capovolta, una Vergine accanto a del rossetto rosso, una chiave, bambole, oggetti che invitano a riflessioni come ferite, da non lasciare sole, sperdute, sott’acqua bensì, udire e con gesti fatte di possibilità, respingere per poi accogliere. C’è da fermarsi un attimo o restarci per ore. Ad attendere, nell’altra stanza, una sedia e una donna che con la sua voce sussurra di scegliere una fotografia. Con occhi che ti fissano, sarà spezzettata per ricordare ad ogni pezzo, quante parole e gesti invisibili possono ferire e limitare esistenze, “dove vai con quel vestito?”. E’ costante l’uso della fotografia nelle creazioni di Gabriella Salvaterra. Fotografia come memoria, materia del tempo, chiave essenziale della narrazione, l’attimo immortalato nel suo significato, viene lasciato, posto da qualche parte, su un tavolo di legno, in barattoli di vetro, su della sabbia, capace anche di delinearla con il picchiettio di un gocciolare invisibile, goccia dopo goccia. Cosa c’è sotto la corazza? Cosa c’è aldilà di ciò che ci veste e copre l’anima? La classica veste che si indossa per celare la trasparenza, oggetto di desiderio e contemporaneamente simbolo della presunta inferiorità della condizione femminile rispetto a quella maschile. Per pochi la veste della leggerezza, del tutt’uno con la pelle. In una stanza, come panni stesi ad asciugarsi senza sole, numerose sottane pendono dal soffitto, sono centinaia, di colori chiari, tenui, forti, contrasti e sfumature, una ad una come a contare le donne e le sue storie, le rinunce e le battaglie, il denudarsi e l’essere oltraggiata, lo scoprirsi e il viceversa. Si toccano le pieghe di raso, di seta, di cotone morbido. Tra quelle pieghe si continua il viaggio delle cose astratte, fino ad arrivare in cerchio al centro, dove una donna sussurra che domani andrà meglio, mentre si spazzola e si taglia le punte dei capelli. Ricresceranno più forti, o saranno traccia di una coperta troppo corta per riscaldare. Dalle ondulazioni di una stoffa a granelli di sabbia dove ogni cosa è ricordo, come la collana di perle simbolo di purezza, di formazione e di “nascita”, è il giorno delle nozze oppure il giorno della libertà dinanzi al castello infranto? “Una donna ha bisogno di fili e fili di perle”… Una luce conduce verso un’altra sedia, una donna a piedi scalzi con intorno a sè molteplici scarpe col tacco, di vari colori e altezza. Un invito a sceglierne un paio e, delicatamente aiutarla a indossarle, in tinta o meno col suo vestito nero elegante. “Perché agli uomini piacciono cosi tanto le scarpe col tacco?” chiede la donna. “Perché una donna coi tacchi non può correre e non può scappare”. Eppure, questa è solo una chiave di lettura che inevitabilmente è conseguenza di simboli e ferite. Una donna dovrebbe essere libera di indossare qualunque accessorio e poter correre verso qualsiasi uscita senza timori. Una scarpa col tacco, dovrebbe essere solo il prolungamento di una sensualità innata, voluta… camminare a piedi scalzi o a qualche centimetro da terra dovrebbe essere la scelta di chiunque voglia avanzare senza catene. Lo spettatore/viaggiatore abita come sempre lo spazio e tutto ciò che Succede ci fa vedere, sentire, odorare, è all’interno di una casa. La casa mai come questa volta, sede prediletta. E’ in casa che giace quella violenza invisibile quasi sempre all’interno della famiglia, una violenza legata a un problema di matrice culturale. In Italia c’è una grande tutela per la famiglia come istituzione, il matrimonio, invisibili violenze dentro quella famiglia spesso ancora impregnata di maschilismo, una cultura, una società prettamente maciste e maschilista che alimenta quel fenomeno destinato a protrarsi finche questa subcultura non verrà affrontata e abbattuta. In questa casa si percepisce l’invito a riflettere sulla mortificazione della donna con semplici parole, silenzi e simboli che poi, nei luoghi di lotta e denuncia, pongono l’accento su quella che è la morte fisica, laddove si consente la negazione di dignità psichica, fisica e morale rivolta alle donne. In Succede accade che si parla di violenza sulle donne ma, Gabriella Salvaterra sceglie di raccontare non attraverso una forma di denuncia o documentazione stessa della violenza, in questa installazione esplora quel tipo di relazione “in cui l’idealizzazione dell’amore è combinata con l’abnegazione”. Il suo percorso creativo si sviluppa sempre a partire dallo spazio e si interroga sui “tradimenti che in nome dell’amore facciamo a noi stesse e che si nascondono nelle storie di molte donne. L’identificazione con l’uomo, l’abbandono al rapporto di coppia ed il sacrificio di sé, sono fenomeni abituali, silenziosi ed invisibili, in cui l’identità della donna è spesso appesa ad un filo; il confronto con il vuoto interiore di una donna sola, la paura, più che di perdere un amore, di perdere te stessa. Più che una dichiarazione su questo tema è un invito ad una riflessione intima e personale, più che offrire risposte propongo di condividere con me alcune domande”. Maria Di Pietro Succede al Teatro Funaro di Pistoia Settembre 2021 |