Tra le pieghe del tempoSulla bellezza dell'imperfezione
Apice tra le pieghe in disparte La storia dell’antico centro abitato di Apice inizia nell’antichità e si interrompe bruscamente una sera del ventuno agosto del 1962. Quest’interruzione improvvisa è in ogni angolo che si percorre. Si sente il profumo di un passato mentre si avanza tra i vicoli guardando una vecchia insegna di un barbiere, la facciata di un ufficio postale. Nelle case si trovano ancora mobili, vestiti…lettere lasciate su un tavolo. Si alza il capo e il soffitto è aperto al cielo. Si percepiscono le voci che salgono le scale interne in pietra, passano da un tramezzo di cartone, e arrivano in una cucina in muratura col focolare. E al centro si trova ancora una vecchia poltrona che guarda verso il sole. Un susseguirsi di sguardi tra rovine che non parlano di catastrofe ma di “tempo sospeso”. Mentre osservavo tutto ciò quasi ho sorriso perché ironia della sorte il terremoto ha salvato Apice Vecchia. L’ha salvata fermandovi il tempo. L’ha salvata, decenni fa, spopolandola. Impedendo che alluminio, pleksiglas, insegne luminose, restauri arditi e prove di modernità urbana, ne violassero l’armonioso aspetto di un paese del meridione d’Italia, fermo agli inizi degli anni sessanta. E forse continuerà a salvarsi anche dagli interventi di restauro poco conservatrici per renderla una meta turistica. Un centro abitato dei tanti di questa meravigliosa Penisola che fa fatica a proteggere la storia, spesso snaturando il passato, costruendo nuove case fredde lontane da ogni identità. Per quanti vi si imbattono per la prima volta, l’impatto è strabiliante. I cinquant’anni di passato si avvertono immediatamente. I lampioni, le finestre, le grate, i vicoli ed i portoni ti riportano indietro. Il silenzio avvolge tutto, ti sorprende. Le dimore vuote, allo stesso tempo, inducono un certo senso d’inquietudine. Passeggiavo, guardavo e mi chiedevo : possibile che non ci sia nessuno? |
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